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Caro energia e riduzione dei consumi: le energie rinnovabili possono renderci indipendenti?

Con il prezzo del gas ai massimi – passato da €0,2 per metro cubo a inizio 2021 agli attuali €2 – tutti i paesi europei sono concentrati a ridurre i consumi e a mettere in campo politiche di sostegno a imprese e famiglie, colpiti duramente da bollette che sono aumentate di 3 o 4 volte rispetto all’anno precedente.

Nel 2021, l’Italia ha importato quasi 70 metri cubi di gas, di cui il 40% proveniente dalla Russia (elaborazione ISPI su dati SNAM). Nonostante gli sforzi del governo per diversificare la fornitura tra paesi, le previsioni per il 2022 vedono il ruolo della Russia ancora al 30%.

Inoltre, quasi la metà del gas viene da noi utilizzato per la produzione di elettricità e questo ci espone inevitabilmente alle sue fluttuazioni di prezzo, più di altri paesi che godono di un mix energetico più diversificato. A ciò si aggiunge l’elevato livello di debito, la crescita ferma da 15 anni e la profonda deindustrializzazione che rende il nostro paese strutturalmente più vulnerabile e meno pronto ad assorbire shock esterni.

Mentre alcuni paesi affrontano recessione e lo spettro del razionamento quest’inverno, la soluzione potrebbe arrivare proprio dalle risorse che la natura ci offre.

Il recente studio di The European House-Ambrosetti in collaborazione con A2A, Verso l’autonomia energetica italiana, stima al 58,4% la quota massima di autonomia energetica che l’Italia raggiungerebbe con il pieno sfruttamento delle opportunità di sviluppo legate a solare, eolico, idroelettrico e rifiuti(biomassa, biometano). Ciò corrisponderebbe al 35,9% in più rispetto ad oggi e circa quattro volte l’incremento degli ultimi vent’anni.

Anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), nella sua missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, pone una grande enfasi sul tema dell’indipendenza energetica, stanziando €5,9 miliardi sullo sviluppo di impianti da fonti rinnovabili.

 

Rinnovabili: la panacea di tutti i mali?

Come evidenziato dal report di The European House-Ambrosetti, attualmente il nostro paese si classifica 23° in Europa in termini di autonomia energetica: la produzione, infatti, si attesta soltanto al 22,5% dell’energia totale consumata, contro una media europea del 39,5%. Siamo quintultimi, davanti solo a Belgio (22,4%), Cipro (7,2%), Lussemburgo (5,0%) e Malta (2,7%).

Se tale posizionamento appare poco brillante, lo stesso studio ne evidenzia anche il potenziale: emerge che l’Italia è seconda in Europa sia per disponibilità di risorse rinnovabili sul territorio che per potenziale di crescita da fonti pulite. 

Valorizzando le opportunità di sviluppo nel solare, eolico ed idroelettrico e considerando le tecnologie correnti e i vincoli normativi e strutturali in vigore, il nostro paese sarebbe in grado di generare un incremento di:

  • 105,1 GW (quasi 5 volte la capacità installata attualmente) da impianti fotovoltaici con installazioni su tetti e a terra;
  • 21,1 GW (quasi 2 volte la capacità attuale) da impianti eolici di nuova generazione e di recupero dell’esistente (tramite operazioni di repowering e revamping);
  • 3,3 GW (oltre il 20% della capacità attuale) da impianti di mini-idroelettrico e repowering.

Non solo: a tali risultati andrebbero ad aggiungersi 6,3 miliardi di metri cubi di biometano (pari a un equivalente elettrico di 37,8 TWh) dagli scarti della produzione agricola e alimentare, ovvero l’8% dei consumi di gas a livello nazionale e il 22% del gas importato dalla Russia nel 2021, e oltre 7 TWh di energia dal recupero energetico di 8 milioni di tonnellate di rifiuti.

Le opportunità migliori sono, in ordine, in Sicilia, Puglia, Lombardia e Piemonte, seguiti successivamente da Sardegna, Emilia-Romagna, Veneto e Toscana.

Inoltre, considerando le opportunità nel solare, eolico e idroelettrico, il pieno dispiegamento della potenza addizionale andrebbe a coprire soltanto lo 0,8% della superficie totale italiana: un fattore importante se consideriamo il rapido degrado della superficie agricola utilizzabile a causa della sempre più estesa cementificazione e scomparsa dei terreni fertili.

Questa trasformazione rappresenta una grande opportunità per la competitività del nostro paese. 

Lo sviluppo di impianti da fonti rinnovabili ha certamente un ruolo fondamentale nella transizione energetica, nella riduzione della dipendenza da altre nazioni e nel raggiungimento di livelli competitivi del costo dell’energia. Tuttavia, se da un lato potrebbero essere in grado di soddisfare la domanda di energia, non possono rispondere alla necessità di applicare interventi strutturali in grado di ottimizzare i consumi in un’ottica di medio e lungo termine. Per aumentare la quota di rinnovabili, infatti, è necessario ridurre i consumi ed è qui che entra in giocol’efficienza energetica, un altro fondamentale pilastro verso lo sviluppo di un modello di città sostenibile.

Come sottolineato dal Renewable Energy Report 2022, infatti, “lo sforzo da compiere è sfidante e prolungato nel tempo e richiede una programmazione integrata a livello temporale e geografico al fine di indirizzare gli sforzi degli operatori in modo coerente rispetto a quanto pianificato: le azioni previste per i prossimi anni determineranno il posizionamento strategico del nostro paese nel futuro sistema economico globale”.

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